Matilde (al secolo Matilde Rosati) studia pianoforte e canto fin da piccola, iniziando a scrivere le prime canzoni a 21 anni. Nel 2016 frequenta i corsi di tecnica vocale, pianoforte e jazz performing al College of Fine Arts della Boston University, da cui emerge la sua grande passione per la musica. Nello stesso periodo al Berklee College of Music frequenta la Masterclass Improvisational tools in Gospel and Soul Music. Rientrata in Italia si laurea in Giurisprudenza con una tesi - guarda caso - sui “Diritti musicali nell’era delle nuove tecnologie informatiche e della società dell’informazione”. Tutta la sua vita, fino ad oggi, sa di musica.
Negli anni successivi si esibisce in vari contesti, esplorando diversi generi musicali fino a decidere di dedicarsi interamente al pop e al cantautorato. Conosce Marco Falagiani al quale fa ascoltare alcune composizioni e, suscitando il suo interesse, inizia insieme a lui un percorso con l’obiettivo di approfondire gli aspetti di scrittura musicale e le tecniche di arrangiamento.
Matilde si può tranquillamente definire un’artista completa, impegnata socialmente e appassionata della musica come della vita, col dono non comune di riuscire a trascinare l’ascoltatore nella profondità della sua voce.
Ad ottobre 2021 debutta con il singolo Un avatar di noi per l’etichetta Falagiani Music Label & Publishing - Teorema Edizioni Musicali ottenendo su YouTube oltre 20.000 views.
In questo tempo delle contraddizioni e degli opposti, delle fazioni in guerra per il nulla e dei filosofi da aperitivo, scegliere a volte può trasformarsi in un limite. Meglio camminare sul filo del dubbio e magari anche cadere, sbattendo sul muro dell’incertezza. Io ti amo davvero, ma non so più chi sei. Il testo, funzionale al brano, risulta semplice ma in grado di fotografare bene uno stato d'animo preciso, alimentando il sottile senso di straniamento e di confusione d'identità che la canzone evoca. Dal punto di vista più strettamente musicale, l’inizio sornione del brano caratterizzato da un’atmosfera sottilmente reggae, sfocia in un cantato quasi rap e poi, dopo gli accordi di pianoforte, si apre in una modalità sottilmente funky. Un bel mix di suggestioni diverse che si amalgamano bene fra loro, mantenendo una coerenza di fondo, impreziosito anche da un accenno di scat – pratica usuale nel jazz – che contribuisce ad allargare questo caleidoscopio di influenze differenti.
Saverio Costantini