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"E Poi Non Ridi Più"
RADIODATE 15 DICEMBRE 2023

E poi non ridi più è un monito in apparenza molto scanzonato ma in realtà sottilmente caustico,
a mantenere viva e rigogliosa una delle espressioni umane che negli ultimi anni ha visto il declino più sottostimato,
ed è stata spesso bistrattata e ridicolizzata: la risata.
Nei social questa cosa è particolarmente rimarcata, perché quando si vuole evitare un dibattito si ride dell'altro,
si cerca di renderlo ridicolo ponendo malamente l'attenzione su presunte risa suscitate da una posizione che si trova assurda e contraria alla propria.
Questa supponente presa di posizione si anima con pacatezza nelle strofe della canzone,
dove vengono esposte contraddizioni del comportamento umano che sarebbero realmente riprovevoli, risibili.
Le dicotomie attingono sia dal mio personale vissuto, ma sono anche bias emotivi e cognitivi che io trovo estremamente sgradevoli in chi li professa con tanto di ghigno spavaldo al seguito.
Ovviamente queste manifestazioni sono del tutto iperboliche, proprio per rimarcarne l'assurdità.

Mi vergogno dei miei desideri rispetto le mie paure
lavo l’auto solo sotto alla pioggia nuoto con la bandiera rossa
prego soltanto quando non vado a messa
grido aiuto in cima alla montagna sussurro
la mia esuberanza a valle dove sono ottimista ma in foto imprimo il negativo
vanità da specchi di legno. 

Nei ritornelli c'è un classico proverbio rivisitato ad hoc per il contesto, atto ad essere facilmente ripetibile,
proprio per l'aggancio col famoso adagio del pane e i denti.

Chi ha il pane ha il companatico marcio
chi ha i denti mangia solo minestra ride sotto a baffi finti
Chi ha il pane ha il companatico marcio
chi ha i denti resta sempre accigliato ride usando una dentiera.

Questo per sottolineare che magari disporremmo anche del potenziale per ridere davvero, di gusto, come gesto di condivisione ed apertura verso il prossimo,
ed invece preferiamo chiuderci nella nostra bolla di lamentele, ignorando quanto potremmo ritenerci soddisfatti di quello che già abbiamo.
Nel bridge questo complessivo senso di incompiutezza e insoddisfazione vira invece in un appello passivo aggressivo a sorridere,
anche di situazioni paradossali e assurde, quelle per cui la probabilità di esserne derisi aumenta esponenzialmente.

Rideresti per me, rideresti se
leccassi nevischio grigio
abbracciassi un fuoco d’artificio
usassi il rimmel al dentifricio
dal mondo m’hanno diviso
sono il gemello inviso alla buona società.
Una risata vi seppellirà.
Una risata vi seppellirà
Una risata vi seppellirà!

E si va verso il ritornello finale, uguale nei precedenti, se non col rimarcato appello che le occasioni per ridere,
vengono sempre meno, se ci si pone con un atteggiamento supponente nella vita.
Musicalmente il brano nasce e si sviluppa al giro di basso della strofa, questo walking-bass che trasmette subito una certa spensieratezza ed allegria,
non per niente le chitarre armonicamente sono state invitate a conferire la medesima intenzione.

In uno strano slancio creativo il secondo elemento compositivo che ha preso forma, e su cui si fonda lo spirito della canzone, è stato il solo di chitarra del bridge.
Ero convinto sin da subito che ad un determinato punto della canzone, dall'atmosfera allegra e spensierata,
si dovesse passare ad un momento onirico e riflessivo, con accenni di distopia malata introdotta dai synth e gli arpeggiatori, ma soprattutto dalle risa beffarde che crescono di intensità fino a culminare nell'ultimo ritornello.
Quel particolare bridge lo trovo uno dei punti più ispirati della mia composizione, e sono davvero felice che nel videoclip del brano, che ho realizzato con un mio amico,
questo momento musicale goda di una particolare cura nelle riprese e nel montaggio, riuscendo a trasporre perfettamente in immagini quello che la musica vuol suggerire.

Come dico spesso, non scrivo pensando di dover omaggiare particolari riferimenti musicali, sono piuttosto istintivo.
Solo in seconda battuta riesco a carpire dove i miei ascolti preferiti possono avermi indirizzato.
Ecco, se dovessi accostare “E poi non ridi più” a musica del passato, ci sento sicuramente molto di “Seven days in the sun” dei Feeder
(2001... miseria quanto sono vecchio di ascolti!) in uno strano mash up con un primo Samuele Bersani.

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